Il primo concerto dei Sinoath lo vidi nel 1992 o giù di lì, nell'unico centro sociale della mia città, di supporto ai brasiliani Korzus. Si presentarono con tutto l'armamentario scenografico che da lì a breve avrei scoperto essere una caratteristica dell'intero filone black e per me fu una botta pazzesca. Credo la prima "botta" in ambito propriamente black/death. Che sono dei precursori del metal estremo atmosferico è innegabile, come tempo addietro lo furono per il thrash/death i loro concittadini Schizo. Fra vari tira e molla durati più di un ventennio e cambi di line-up radicali, sono tornati con due membri originari e con un nuovo ep, anche se in fin dei conti durante questa chiacchierata si parla più del passato che del futuro del gruppo, ma da un inguaribile romantico come me non c'era da aspettarsi altro. L'intervista risale a un anno fa, nel frattempo i Sinoath hanno intrapreso l'attività live e alcune curiosità ho avuto modo di soddisfarle vedendoli in concerto. Risponde Fabio...
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I Sinoath nel 1990 |
Mi racconti come sono nati i nuovi pezzi e che sensazioni hai provato a risuonare con il tuo socio dopo tutto questo tempo? Gli altri membri del gruppo da quali esperienze musicali provengono?
Tutto è nato nell'estate del 2014 quando incontrai Salvatore, il primo batterista dei Sinoath, al Metal Camp Sicily 3, dove suonai con i The Ancient War. Lì iniziammo a parlare di un possibile ritorno dei Sinoath, e pochi mesi dopo eravamo già chiusi in sala prove. I nuovi membri sono Alessio Zappalà al basso e Francesco Cucinotta (che proviene da Felis Catus, Rhino ed altri progetti) alla voce e, adesso, anche alla chitarra solista (nell'ep ha inciso solo le voci). In “Meanders of Doom” è presente pure Massimo Chiofalo che ora non fa più parte della band e per giustizia di cronaca vorrei far presente che nei primi mesi ha provato con noi Carlo Carbone degli Art Inferno di Messina. Adesso la line-up è solida ed amalgamata.